Caio Fabbricio, Venezia, Marciana, autografo

 ATTO TERZO
 
 Corridorie che corrispondonoe a vari appartamenti.
 
 SCENA PRIMA
 
 TURIO e BIRCENNA
 
 TURIO
 Da la fuga di Sestia e del suo amante
 tolta è a Pirro ogni spene
1055de l’ingiusto suo amor.
 BIRCENNA
                                            Parmi di udirne
 i fremiti e le accuse.
 TURIO
 Egli Pirro n’è ignaro; e a tutti,
 fuorché al padre di Sestia,
 che così volle, il tacqui.
 BIRCENNA
                                            Ei Ei che ne disse? Dubbiosa
 TURIO
1060Parve turbarsi; mi lasciò; ma forse
 n’era lieto in suo cor.
 BIRCENNA
                                         Quanto ti deggio!
 TURIO
 L’onor di sì bell’opra
 tutta di Turio sia l’alta mercede.
 BIRCENNA
 Basta sì poco a lui? Non sì modesto
1065poc’anzi era il suo affetto.
 TURIO
 I voli de l’amor frena il rispetto.
 BIRCENNA
 Non mi creder sì ingrata.
 Amor vuoi da Glaucilla? Amor ne avrai.
 TURIO
 Eh! Tanto ben per Turio
1070non è. Per meritarti
 fora a pena bastante
 l’offerta di più regni; ed il mio amore
 a poterti offerir non ha che un core.
 BIRCENNA
 Che dir vorrestiai?
 TURIO
                                      Ciò che ne dicon tutti.
1075Gli audaci voti omai correggo e meglio
 comincio ad onorar la mia regina.
 BIRCENNA
 Tal sono, è vero. A la tua fede, o Turio,
 il negarmi qual son farebbe oltraggio.
 TURIO
 Ma troppo intanto divampar la fiamma
1080fer le dolci speranze, or sì infelici.
 BIRCENNA
 Sia in conforto al tuo duol che avrai costante
 il favor di Bircenna e di Glaucilla
 l’imeneo...
 TURIO
                       Di Glaucilla?
 BIRCENNA
 Sì, tra le ancelle mie la più diletta.
1085Beltà le ride in volto; e se ampia dote
 chiedi o se nobil cuna,
 essa l’ha da retaggio e da fortuna.
 TURIO
 
    Sarà vezzosa e bella,
 mille avrà pregi e mille;
1090ma non sarà mai quella,
 quella che tanto amai.
 
    Voi chiome e voi pupille,
 d’amor facella e rete,
 sole ostentar potete
1095a imprigionarmi i lacci,
 a incenerirmi i rai.
 
 SCENA II
 
 BIRCENNA e poi PIRRO
 
 BIRCENNA
 PIRRO
 Principessa, egli è tempo
 che s’intendano meglio i nostri cori.
 Sdegni, insidie, minacce
 non erano per te la via migliore
 agli affetti di Pirro.
 Obblio le andate offese e de l’illustre
1100figlia di Glaucia onor già rendo al grado.
 BIRCENNA
 Perché non dir più tosto,
 rendo al dover la fede? E poscia anch’io
 onte e spergiuri obblio. Non vuol decoro,
 non ragion, non amor ch’io rifiutata
1105torni al regno ed al padre. Odimi e scegli, o Pirro
 o a me fede o a me morte. Alfin men grave
 il morir mi sarà per tua fierezza
 che per tua infedeltade.
 PIRRO
 Nel tuo giusto dolor veggo il mio torto.
 Ma che far posso? Fu sorpreso il core
 e Sestia ti prevenne.
 BIRCENNA
 Per me sol debil sei, per tutti invitto?
 PIRRO
 Gli eroi contra beltà sono i men forti.
 BIRCENNA
 La viltà de l’oggetto
1110dovea farti arrossir.
 PIRRO
                                       Se co’ miei lumi
 lo potessi mirar, vil nol diresti.
 BIRCENNA
 Qual mercé ne ottenesti? Ire e disprezzi.
 PIRRO
 Crescerà per contrasto il mio trionfo.
 BIRCENNA
 Sestia è ognor tua nemica.
 PIRRO
1115Ed è mia schiava ancor.
 BIRCENNA
                                              T’inganni, o Pirro, Tua schiava? Eh! Pirro,
 l’armi tue vincitrici
 s’affrettino a cercarla entro di Roma.
 PIRRO
 Che dici?
 BIRCENNA
                     Ella col caro
 suo Volusio è fuggita.
 PIRRO
                                          O dei! L’ingrata?...
 BIRCENNA
1120Chi dato abbia a colei mano e consiglio
 nol cercar che in Bircenna.
 Re d’Epiro, sintanto
 che spergiuro mi offendi,
 da l’ire mie sicura
1125la tua vita e ’l tuo amor non sarà mai.
 Ma se ragion mi fai,
 non potresti trovar regina e sposa
 né di me più fedel né più amorosa.
 
    Cessa di più oltraggiarmi; (Affettuosa)
1130rendimi fede e amor;
 e ’l tenero mio cor
 tutto vedrai languir per te, mio sposo.
 
    Ma se ricusi amarmi, (Fiera)
 non sempre il mio furor
1135invano ferirà.
 Io non avrò pietà né tu riposo.
 
 SCENA III
 
 PIRRO e poi CINEA
 
 PIRRO
 E fuggirmi poté? Poté tradirmi?
 Ah! Tue perdansi invano l’iniqua?... A che qui perdo
 i rimproveri e l’ire? Olà, custodi,
1140dietro l’indegna coppia...
 CINEA
                                                Il tuo prevenni
 regio voler. Per ogni parte intorno
 scorron legni e soldati...
 PIRRO
 Ah! Cinea, tal perfidia
 creduta avresti? I doni miei l’ingrata
1145in mio danno ha rivolti. Ella è fuggita.
 CINEA
 La figlia accusi e non condanni il padre?
 PIRRO
 Come?
 CINEA
                 Anch’egli a gran passi
 va su l’orme di lei.
 PIRRO
                                     Fabbricio ancora?
 Or va’. Fuggir? Perché? Qui nol rendean sicuro
1150la ragion de le genti? Il grado? E Pirro?
 Or va’; mi ostenta la virtù romana.
 Volusio ordisce inganni,
 Sestia manca a la fede
 e Fabbricio a sé stesso, a Roma, a Pirro.
 
 SCENA IV
 
 FABBRICIO, SESTIA e i suddetti
 
 FABBRICIO
1155Né a te né a Roma né a sé stesso ei manca.
 Eccoti in Sestia, o sire Pirro,
 la mal fuggita figlia.
 Torni la sconsigliata a quella sorte
 che la fe’ tua cattiva.
1160Tu di ferree ritorte
 il piè non le aggravasti; e in sua custodia
 ti bastò la sua fede.
 Se ne abusò. Degna è di pena; e l’abbia.
 Ceppi, carcere e quanto
1165di ragion sovra lei l’armi ti danno,
 non risparmiar. Lo soffrirà la figlia
 e cor faralle il padre.
 Ma il confine sia questo
 del tuo poter. Quel che di più volesse
1170esiggerne la forza è contra il giusto,
 contra il dover. Pur s’uopo il chiegga, il sappi,
 Sestia, che ha roman petto e che è mia figlia,
 fra morte e disonor non si consiglia.
 PIRRO
 Generoso Fabbricio, or ben m’avveggio...
 FABBRICIO
1175Oprando con virtù, lodi non chieggio.
 
    Quella è mia figlia; e ’l mio (A Pirro)
 sangue rispetta in lei.
 Tuo genitor son io. (A Sestia)
 Sai quel che devi a me.
 
1180   Stinguer un pravo ardore (A Pirro)
 sia la tua gloria, o re.
 Ma ciò che esigga onore, (A Sestia)
 io non rammento a te.
 
 SCENA V
 
 PIRRO, SESTIA e CINEA
 
 CINEA
 In sì funesto amor che più ostinarti?
 PIRRO
1185Non anco ei giugne a disperar. Tu parti. (Cinea parte)
 SESTIA
 (Poiché salvo lunge è ’l mio ben, nulla si tema). (Da sé)
 PIRRO
 Sestia, ad esser ritorni
 mia prigioniera. Nol temevi e lieta
 col tuo Volusio ti affrettavi al Tebro,
1190in tuo cor numerando,
 tra i gaudi tuoi, l’onte di Pirro e l’ire.
 Ma t’ingannasti. Or con qual fronte qual discolpa, ingrata,
 il tuo re, che per tua colpa
 fatto è giudice tuo, potrai l’aspetto
 soffrir sostener? Qual discolpa
 da quella fuga avrai che t’hanno aperta
 solo i miei benefici?
 SESTIA
1195Re, lo dirò. Cotesti
 tuoi benefici mi serviano appunto
 di più cruccio e terror che i ceppi e i mali,
 onde aggravar del mio servaggio il peso
 potevi. Io ti vedea per desir vano
1200perderti ciecamente;
 e più che al proprio scampo,
 provvidi a la tua gloria.
 PIRRO
 Eh! Tanto la mia gloria
 non t’era a cor. L’amante,
1205che al tuo fianco trovai, l’amore, il rischio
 di lui d’ t’hanno sedotta; e in fuggir seco,
 a Volusio servisti e non a Pirro.
 SESTIA
 Più che non pensi, a te servii. Già posso Volusio Già posso,
 orché Volusio è salvo, osare e dirti
1210ciò che tratto dal cor mai non mi avrebbe
 né minaccia né pena.
 La morte, a cui ti tolse
 ne la pugna il suo error, qui dal suo braccio
 non avresti sfuggita. Io lo ritenni;
1215né potendo al tuo amor render amore,
 t’usai pietà per non parerti ingrata.
 Ciò ch’ei fece in tuo pro, Pirro, il vedesti;
 ciò che ancora in tuo danno
 ei potesse tentar, Sestia il sapea.
1220Egualmente io temea
 per te, per lui. Gli consigliai la fuga.
 Ma un gran ben non gli parve uscir di rischio
 senza me. Vinse amor. Vinse pietade.
 Se errai, caro è l’error. L’austero padre
1225rea mi rende a’ tuoi ceppi;
 ma Volusio ei ei mi salva, in cui ragione
 non avean l’armi tue. Questo a me basta.
 Non son nel peggior fato; e mi consola
 che, costretta a soffrir, soffrirò sola.
 PIRRO
1230Sola ancora...
 
 SCENA VI
 
 CINEA, poi Volusio disarmato in abito di romano poi VOLUSIO in abito disarmato in abito di romano con guardie, e i sopradetti
 
 CINEA
                           Signor, quanto oggi devi
 a’ tuoi stessi nemici,
 PIRRO
 Chi fia?
 SESTIA
                                        L’alma si scuote. (Da sé)
 CINEA
 Colà, donde si passa
 a le regie tue stanze, un fier romano
 sen gia solo, pensoso
 e qualch’atroce idea volge in sua mente.
 Dai custodi sorpreso
 né, qual volea, ritrarsi
 potendo il ferro stringe e aprirsi a forza
 pensò la via; ma ’l numero l’oppresse.
 A tempo io giunsi e posi modo a l’ire
 e trar qui a la sua pena...
 CINEA
 Volusio è tuo prigion.
 PIRRO
                                          Volusio?
 SESTIA
                                                            O dei!
 CINEA
 Ne le regie tue stanze
 dai custodi sorpreso.
 PIRRO
1235Vedilo. Sestia, gli dei son giusti.
 PIRRO
 Minaccia il volto e inerme è ’l braccio.
 SESTIA
 Misero. Ma che fei? dissi? fei? che dissi?
 Ahimè! che fei?
 SESTIA
 Sfortunato amor mio! Che fei? Che dissi? (Volusio viene fra guardie)
 CINEA
 Vedil.
 PIRRO
               Minaccia il volto e inerme è ’l braccio.
 SESTIA
 Per timor d’irritar, mi arretro e taccio. (Si ritira in disparte)
 PIRRO
 Misero, qual sei tu? S[illeggibile]
 VOLUSIO
                                                               Romano, o Pirro.
 PIRRO
1240Qual ti appelli?
 VOLUSIO
                               Ha ’l mio nome
 di che farti tremar. Megacle uccisi.
 PIRRO
 Te altre volte in divise aspetto
 di macedone io vidi.
 VOLUSIO
 In quelle e di romano. Ora in quel di romano
1245e ognor di tuo nemico.
 PIRRO
 Con quale idea?
 SESTIA
                                 Mi fa tremar. (Da sé)
 VOLUSIO
                                                            Non rendo
 ragion di me che a Roma.
 PIRRO
 Ti faranno parlar ruote e flagelli.
 VOLUSIO
 Chi petto ha per morir, l’ha per tacere.
 PIRRO
1250Sestia disse le trame. A che le taci? A che le taci?
 SESTIA
 Oh! Ver non fosse. Oh! Ver non fosse. (Da sé)
 SESTIA
 Per troppo
 VOLUSIO
 Perché chieder a me ciò che già sai?
 PIRRO
 A uccidermi venisti.
 VOLUSIO
                                        E ti salvai.
 PIRRO
 Se il ciel non confondea gli empi disegni,
 destinavi al tuo ferro
1255l’onor de la mia morte.
 VOLUSIO
 Tor del mondo i tiranni atto è da forte.
 SESTIA
 Ardir che mi spaventa! (Da sé)
 PIRRO
 O d’anima romana eccelso pregio!
 Cercar da un assassinio i suoi trofei trionfi!
 VOLUSIO
1260Li cercai nel conflitto; e grazie rendi
 a la mano che errò
 e che poi ti salvò, se in vita or sei.
 CINEA
 In custodia dei re veglian gli dei.
 PIRRO
 Tu mi rinfacci una viltà non tua.
 VOLUSIO
1265Questo è ’l sol mio dolore
 che il nemico di Roma
 e di Sestia il tiranno in te ancor viva.
 PIRRO
 A me Sestia rammenti? Ella ti perde.
 Accusar che mi [illeggibile]
 SESTIA
 E questo ancora [illeggibile] in mia pena? Da sé
 SESTIA
 (Questo ancora in mia pena?) (Da sé)
 VOLUSIO
1270Tua morte io ritardai. Tu la mia affretta.
 Verrà l’odio di Sestia in mia vendetta.
 PIRRO
 Toglietelo al mio aspetto.
 Da la mia tolleranza
 gli si accresce furor.
 VOLUSIO
                                       Dillo costanza.
 
1275   Tre g Tre gran beni avrò da morte
 in mia pace gioia pace e in tuo dolore.
 
    I miei dì chiuder da forte
 e lasciar in Sestia un core,
 che per te sia tutto sdegno
1280e per me sia tutto amore. (Parte con guardie)
 
 SCENA VII
 
 PIRRO, SESTIA e CINEA
 
 PIRRO
 Morte, morte e pena, sì, avrai che degna sia
 de la tua audacia e dell’offesa mia.
 SESTIA
 Misera me. Son fuor di me Misera me! (Da sé)
 PIRRO
                                                                          Troppo il tuo duol sofferse.
 Sestia, ti lascio in libertà di pianto.
 SESTIA
1285Andiam, Cinea.
 SESTIA
 CINEA
 Dove, o signor?
 CINEA
                                Son teco.
 Dove, o signor?
 PIRRO
 Supplice a me verrà. (Piano a Cinea)
 SESTIA
 Tutto è in mio danno. (Da sé)
 PIRRO
 I suoi pianti vedrà (Piano a Cinea)
 CINEA
                                          Né pur d’un guardo
 ne degna.
 SESTIA
                     Che farò? (Da sé)
 PIRRO
                                         Che cor protervo! (Piano a Cinea)
 Vana pietà qui più t’arresta. Andiamo. (A Cinea)
 SESTIA
 Ahimè! Dove, o signor? Che far pretendi?
 PIRRO
1290A dar morte a l’iniquo.
 SESTIA
 L’odio di Sestia avrai. L’a
 PIRRO
 L’amor non meritai. L’odio non curo.
 SESTIA
 Movati il mio dolor.
 PIRRO
                                       Del mio ti calse?
 SESTIA
 Deh! Se vuoi che al tuo piè... (Volendo proseguire vede Fabbricio che la riguarda in [illeggibile] e le accenna fa cenno)
 PIRRO
                                                       Cinea, tel dissi (Piano a Cinea)
1295che supplice verria.
 CINEA
                                       Sta ancor pensosa. (Piano a Pirro)
 SESTIA
 L’amor mi sprona. Mi spaventa il padre. (Da sé)
 Sestia, che ha roman petto e che è sua figlia,
 avvilirsi non dee... Ma ’l mio Volusio?... (Guarda di nuovo il padre. Pirro e Cinea parlano sommesso)
 Vani saranno i preghi.
1300Si vorrà di sua vita
 che sia prezzo il mio amor.
 PIRRO
                                                   Non viene ancora?
 SESTIA
 Va’ pur. Volusio e con lui Sestia mora. (A Pirro risoluta. Pirro guarda Cinea. Fabbricio fa applauso a Sestia. Sestia sta di nuovo pensosa nel tempo del ritornello)
 PIRRO
 
    Alma crudele,
 senza pietà,
1305quel sì fedele
 tuo caro amante,
 sì, morte avrà.
 
    E ne l’estremo
 de’ suoi sospiri
1310sai che dirà?
 Non che il conquide
 la mia giust’ira
 ma che l’uccide
 tua crudeltà.
 
 SCENA VIII
 
 SESTIA e FABBRICIO
 
 SESTIA
1315Barbaro sacrificio!
 a la fede e al dover!
 FABBRICIO
                                      Figlia, in soccorso
 venni a la tua costanza
 e ne fui testimon. Con qual mia gioia,
 quest’amplesso tel dica.
 SESTIA
                                              Ah! Questo, o padre,
1320ch’io ricevo da te, sarà l’estremo.
 FABBRICIO
 Ne l’impeto primier del suo cordoglio
 così pos dice ogni amante.
 Ma ancor non disperiam.
 SESTIA
                                                              No, genitore,
 non mi sento vigor valor che al mio Volusio
 sopraviver mi lasci.
 FABBRICIO
 Giovane incauto! Io ’l salvo. È mio comando
 che a la patria ritorni;
 e a me fidi il pensier de la tua sorte;
 e si perde egli stesso e vien qui a morte.
 SESTIA
1325Tratto da quell’amor che non ha legge,
 io feci il suo periglio. Ah! Sua difesa
 sii tu. Placagli il re. Padre, tu ’l puoi.
 FABBRICIO
 Ciò ch’io possa non so; ma poco onore
 fora il mio, spettatore
1330starmi ozioso e vano,
 sul rischio suo, non perché e’ sia tuo sposo
 ma perché in lui v’è il cittadin romano.
 SESTIA
 
    Vita mi desti e sposo.
 Serbami i cari doni.
1335Padre, se m’abbandoni,
 padre non sarai più.
 
    Temi il mio fier dolore.
 A petto del mio amore,
 poco sperar ti lasci
1340la debil mia virtù. (Parte)
 
 FABBRICIO
 Che non fa amor paterno? Odami Pirro. (Parte)
 
 Gabinetto di Pirro con tavolino da scrivere. Porta nel mezzo e altra laterale.
 
 SCENA IX
 
 PIRRO e CINEA
 
 PIRRO
 Che ne fia? A placarmi
 diede un prego? Un sospiro?
 Se ne penta l’altera
 e ’l suo Volusio pera.
 CINEA
 Qual pro da la sua morte?
 PIRRO
 Perderò un fier nemico;.
 Punirò un’alma ingrata.
 CINEA
1345Fora miglior consiglio usar clemenza.
 PIRRO
 Sestatia non la implorò. Da l’esser chieste
 le grazie de’ regnanti acquistan pregio.
 Offerirle è [illeggibile] Va’, Cinea. Sotto l’armi
 l’esercito disponi. Il campo tutto
1350vegga qual si gastighi
 chi a la vita di un re tenta gl’insulti.
 CINEA
 Ma, signor...
 PIRRO
                          Va’. Ubbidisci.
 Il facondo tuo dir, cui più conquiste
 deggio che a l’armi mie, fra i suoi trionfi
1355non conterà quel del mio sdegno. Io voglio
 che tremino una volta odio ed orgoglio. (Va a sedere al tavolino. Lo ascolta alquanto e poi scrive)
 CINEA
 Non oso oppormi al tuo voler. Ma, sire,
 soffri un libero sì ma fido ardire. (Avanti l’aria è necessario il suo ritornello)
 (Pirro lo ascolta alquanto e poi scrive)
 CINEA
 
    Scrivi. Lo vuol vendetta.
 Scrivi la ria sentenza.
 Sdegno la detta. E poi?
1360Dolor succederà.
 
    L’alma tornando in calma,
 de’ ciechi sdegni suoi
 con sé si sdegnerà. (In questo viene il capitano delle guardie di Pirro a parlargli all’orecchio e poi al cenno di Pirro si parte)
 
 SCENA X
 
 PIRRO e poi FABBRICIO
 
 PIRRO
 Il romano orator? Venga. Ei vien forse (Si leva)
1365per Volusio a interpor pietosi uffizi a pregar per Volusio.
 Nulla otterrà.
 FABBRICIO
                            Sire, re Re, per suo fato avverso
 o per folle consiglio,
 Volusio è ne’ tuoi ceppi in tuo poter ne’ tuoi ceppi. Sia che ti gio giovi
 Volusio è ne’ tuoi ceppi in tuo poter. Reo siasi o tal  Sia che ti giovi
 crederlo delinquente o reo tel mostri. Reo siasi o  tal ti sembri
 crederlo delinquente o reo tel mostri
 certo suo audace giovanil trasporto, a te crederlo giovi
1370un certo audace giovanil trasporto,
 non aspettar che in suo favor m’adopri ti preghi mi adopri.
 S’ei n’è degno, abbia morte. Iniquo è al pari
 chi protegge le colpe e chi le assolve.
 Ma tu per esser giusto,
1375devi pria bilanciar demerto e pena;
 e non lasciar che da privato affetto
 peso ai falli si aggiunga e nei gastighi,
 più che severità, sdegno abbia parte.
 PIRRO
 Da molt’anni, o Fabbricio,
1380su più popoli ho scettro;
 e del regnar so le virtù e i doveri.
 FABBRICIO
 Questa rendon giustizia
 più popoli al tuo nome ed io con loro.
 Ma l’amor proprio in certi casi un velo
1385ne distende sugli occhi
 che discerner gli oggetti
 non ne lascia quai son.
 PIRRO
                                            Come? Volusio
 a tentar qui non venne a tentar, fino in mia stanza,
 l’eccidio mio? La sola idea, ch’ei n’ebbe,
1390lieve colpa a te parve sembra? A tali eccessi
 pena s’indugierà, per dar poi tempo
 che a maturezza iniquità li tragga?
 Eh! Punir lui mi è forza
 o lasciar d’esser re.
 FABBRICIO
                                      Da l’altrui rabbia
1395pur tua vita e’ difese.
 PIRRO
 Per privarmene ei stesso.
 Ei nol seppe negar né Sestia il tacque.
 FABBRICIO
 E ben. Soffra il supplicio
 del mal ch’ei non ti fece;
1400e del ben, che ti fece, obblio ti prenda.
 Ah! Pirro, se in Volusio
 non trovassi il rival...
 PIRRO
                                         Basta. T’intendo.
 La giustizia di Pirro
 pervertita è da Sestia.
 Il geloso amor mio fa che in Volusio
 il nemico mi finga e l’assassino.
1405Ricadrà in mia vergogna
 la già data sentenza. Orsù, da questa
 macchia il mio onor si terga.
 Si laceri il reo foglio; e tu, che solo (Straccia la sentenza)
 la grand’alma spogliar puoi d’ogni affetto,
1410giudica tu Volusio. Io tel rimetto.
 FABBRICIO
 Io giudice di lui?
 PIRRO
                                  Sì. Tu di Pirro
 sostien le veci. Di un roman sul fato,
 un romano decida.
 Ma in giudicando rammentar ti dei
1415che il re di Epiro e non Fabbricio or sei.
 
 SCENA XI
 
 FABBRICIO
 
 FABBRICIO
 Dura necessità! Ch’esser io deggia
 giudice di Volusio,
 di lui che già mi elessi
 in genero, anzi in figlio. Ah E chi a tal legge
1420può costrignermi?... Chi?... Forse al protervo
 fato, che il preme, esimerò il suo capo,
 se il giudicio ricuso?
 Anzi più g affanno a lui, più scorno a Roma
 fia che un barbaro re sotto la scure
1425mandi un capo romano
 in figura di reo. No. Non fia vero.
 L’onta è comune. Mi dimandan questo
 sacrificio funesto e patria e onore.
 Il farò. Pirro il vegga.
1430Di romana fortezza armati, o core.
 
 SCENA XII
 
 SESTIA e FABBRICIO
 
 SESTIA
 Grazie agli dii. Grazie al buon padre. Il cielo
 m’ebbe pietà. Tu dal furor di Pirro
 m’hai Volusio protetto.
 FABBRICIO
                                             Onde il sapesti?
 SESTIA
 Or or da Pirro istesso.
 FABBRICIO
1435E che a te disse [illeggibile] Che ti disse?
 SESTIA
                                                                             Padre genitore,
 chiedi il tuo sposo. Ei ne ha l’arbitrio.
 FABBRICIO
                                                                      Ah! Figlia.
 SESTIA
 Che? Tu sospiri? Il re mi avria delusa?
 FABBRICIO
 Purtroppo è ver. Da me il destin ne pende.
 SESTIA
 E pena l’amor tuo, quando mel rende?
1440Tu suocero di lui, [illeggibile] d tu padre mio...
 FABBRICIO
 Mi si taccia altro nome.
 FABBRICIO
 Giudice di Volusio ora son io.
 SESTIA
 Giudice suo, potresti?...
 FABBRICIO
 Condannarlo, se è reo.
 SESTIA
                                           Deh! Qual dal labbro
 ti uscì barbara voce!
 FABBRICIO
 Il cor mio ne freme, ha pena
 più del tuo cor. Qui venni
 di Volusio in soccorso.
 SESTIA
 Pur. Ma l’uccidi. O dio! Volusio uccidi.
1445Che mai fece il meschin? Qui non si tratta
 di perfide congiure
 o di leggi sprezzate leggi o di negletta
 militar disciplina. Ai Giuni, ai Manli Il sol suo fallo
 queste lasciam crude memorie [illeggibile]
 per cui Roma ne ha pregio
 e natura ne ha orror. Tutto il suo fallo
 è aver pensato e non tentato un colpo,
1450per cui gli si dovria da te e da Roma
 premio, non che perdono.
 FABBRICIO
 Risponderti per Roma
 potrei; ma Pirro e non Fabbricio or sono.
 SESTIA
 Morrà dunque il mio sposo?
 FABBRICIO
 Sì, se giusto sarà. Lagrime, preghi
 con me risparmiar puoi.
 E se ti [illeggibile] ’l tuo amor ne freme,
 sul destino di lui piangi se ’l vuoi.
 SESTIA
 Misero! Ah! Pirro ancora
 fosse ’l giudice suo. Potrei sperarlo
 inesorabil meno:
 o qualche sfogo pace almeno
 potrei dare al mio affanno
 d’empio [illeggibile] sfogando l’odio mio sul suo tiranno.
 FABBRICIO
 Sestia. (Con fierezza)
 SESTIA
 Ahimè! Nei trasporti
 del mio dolor perdo ragion. Perdessi
 così anche vita. Padre,
 tutto osa il suo rigor. Mal lo dividi.
 Me ancor condanna, se Volusio uccidi.
 FABBRICIO
 Non più. Già mi facesti
 abbastanza arrossir de’ di tuoi sospiri querele de’ tuoi sospiri
 i tuoi vani desiri
 che ingiusto mi vorrien dal core esiglia.
 FABBRICIO
1455Sì, se giusto sarà.
 
 SCENA XIII
 
 VOLUSIO e i sopradetti
 
 VOLUSIO
                                   Né ingiusta fia,
 te giudice, o signor, la morte mia.
 FABBRICIO
 Volusio.
 SESTIA
                  O dei! Sposo, mio amor, mia pena Volusio...
 VOLUSIO
 Signor che le altrui veci
 qui adempi a giudicarmi,
1460quanto già mi risparmi
 di orror! Veduto in Pirro
 un giudice tiranno qui avrei,
 di tutti gli odi miei barbaro oggetto;
 e avria preso un aspetto
 da lui la mia condanna assai più atroce.
 ma poiché man sì cara
1465dee segnarne il decreto,
 col più placido core e col più forte,
 a incontrar mi vedrai supplicio e morte.
 FABBRICIO
 Morte e supplicio a te verrà; ma alora
 che dal giudice tuo sarai convinto.
 VOLUSIO
1470Tutto Il gran mio Il sol Lo so, il delitto, onde accusato io sono,
 sta ne l’aver voluto uccider Pirro.
 FABBRICIO
 Nel conflitto era gloria e qui era colpa.
 VOLUSIO
 E qui era colpa.
 VOLUSIO
 E qui...
 FABBRICIO
                 Volusio, avverti
 che il giudice di Pirro in me ti ascolta.
 VOLUSIO
1475Mi ascolti e mi condanni.
 SESTIA
                                                 Ah! No. Se m’ami,
 abbi di Sestia, abbi di te pietade.
 Giustifica te stesso. Arte supplisca,
 Tutto fa per salvarti. Arte supplisca,
 ove manchi ragion...
 VOLUSIO
                                        Che?Tu potresti Mi vorresti
 tal viltà consigliarmi? Orror ne avresti Vile così? Tu stesso orror avresti
 tu stesso. Ben conosci il nobil core. Vile così? Tu ancor ne avresti orrore.
1480Tolga il cielo, o signore,
 ch’io per tema di pena il ver ti asconda.
 Volli uccider in Pirro
 il nemico e ’l rival. Due faci faci a l’ira
 Roma e Sestia accendea.
 Nol feci se lo potea
1485A Il colpo, che impedii, non mi discolpi
 da quello che non feci
 e che s’ora potessi, anco ’l io lo pur farei.
 Per la patria e per te morendo, o sposa,
 non mi posso pentir degli odi miei.
 FABBRICIO
1490Figlia, dal tuo Volusio
 prendi l’ultimo addio.
 SESTIA
                                           L’ultimo? Ah! Padre.
 FABBRICIO
 E lagrime e querele
 con me risparmiar puoi. Vanne, ed altrove
 E se al dolor non sai far petto, altrove
1495sul destino di lui piangi, se ’l vuoi.
 SESTIA
 Misero! Ah! Oh! Pirro ancora
 [illeggibile] fosse giud il giudice tuo. Potrei sperarlo
 inesorabil meno;
 o qualche sfogo almeno
1500potrei dare al mio affanno,
 la fierezza accusando
 del carnefice tuo, del tuo tiranno.
 FABBRICIO
 Sestia. (Fiero)
 SESTIA
                 Ahimè! Nei trasporti
 del mio dolor perdo ragion. Perdessi
1505così anche vita. Padre,
 tutto usa il tuo rigor. Mal lo dividi.
 Me ancor condanna, se Volusio uccidi.
 VOLUSIO
 Cara Sestia, ai lamenti
 pon freno. In pace soffri
1510la morte mia. Non accusarne il padre.
 Incolpane il mio fato.
 SESTIA
 E fato e sposo e Pirro e Roma e padre,
 tutto iniquo è per me, tutto [illeggibile] spietato.
 FABBRICIO
 Non più. gGià mi facesti
1515abbastanza arrossir de’ tuoi sospiri.
 I tuoi ciechi desiri, onde vorresti
 che lui vile e me ingiusto, e me ingiusto e lui vil, dal core esiglia.
 vorrian dal core esiglio.
 Vanne e sii meno amante o sii più figlia.
 SESTIA
 
    Che barbara sorte!
1520Lo sposo va a morte;
 il padre il condanna,
 che sorte tiranna!
 E ancor mi si vieta
 lo sfogo al martir.
 
1525   No, padre. No, sposo,
 puoi tu troppo austero,
 tu troppo pietoso,
 vietarmi il lagnarmi
 ma tormi non puoi
1530l’amar e ’l morir.
 
 SCENA 14 XIV
 
 FABBRICIO e VOLUSIO
 
 FABBRICIO
 Qualche a l’amor, qualche fiacchezza al sesso
 dee perdonarsi.
 VOLUSIO
                                Qual da Pirro schermo
 resterà a l’infelice?
 FABBRICIO
 Il tuo esempio e ’l suo amore.
1535Non temer.
 VOLUSIO
                        Si consoli
 de la perdita mia.
 FABBRICIO
                                    Cara a lei sempre
 ne sarà la memoria.
 VOLUSIO
                                       Abbia per Pirro
 odio al pari del mio.
 FABBRICIO
                                        L’avrà qual deve
 al nemico di Roma.
 VOLUSIO
1540E tu in Roma difendi
 la gloria mia.
 FABBRICIO
                           Sapranno
 e consoli e tribuni e cittadini
 che da forte cadesti e con la lode
 de’ tuoi stessi nemici. e [illeggibile] ancor compianto.
 Da me che ti condanna.
1545Volusio, addio. Più che di Sestia il duolo,
 mi strigne il cor la tua virtù. Te questa
 accompagni a la tomba e fra’ tuoi vanti
 già ave avrai forti alora avrai sin di Fabbricio i pianti. (Parte)
 
 SCENA XV
 
 VOLUSIO
 
 VOLUSIO
 Vivrà in Sestia il mio amor. Vivrà nei fasti
1550de’ romani trofei la mia memoria.
 A [illeggibile] Che più bramar? Bello è ’l morir con gloria.
 
    Tra l’onore e tra l’amore
 si divida quel respiro,
 in cui l’alma scioglierò.
 
    E se un tenero sospiro
 per meschiarsi a lui sen viene
 o di Roma, o del mio bene
 per mia pace io lo dirò.
 
1555   Diami Roma un suo sospiro,
 una lagrima il mio bene
 e contento alor morrò.
 
 Campo attendato di Pirro.
 
 SCENA XVI
 
 PIRRO e CINEA, seguito di capitani e di soldati macedoni, eccetera
 
 PIRRO
 Degno il trovò di morte?
 CINEA
 La sentenza è già data.
 PIRRO
                                            E nulla il mosse
 la sua amistà? Nulla di Sestia il pianto?
 CINEA
1560Pregio è d’alma romana a l’equitade
 sacrificar figli, congiunti, amici.
 PIRRO
 Come? In Fabbricio il fier decreto è giusto?
 Ed ingiusto era in Pirro. Ei di un giudicio
 mi accusa ch’ora è ’l suo?
 Non l’intendo, o Cinea.
 CINEA
                                             V’è gran divario,
1565sire, tra ’l dar consiglio e ’l porlo in opra.
 Spesso s’insinua come onesto e retto
 ciò che in sé si conosce iniquo e torto.
 Facile è l’altrui gloria nel proprio affetto...
 PIRRO
 FabbricioTaci; e lui vedi in suo pensier raccolto.
 CINEA
 Del tranquillo suo cor fa fede merto fede il volto.
 
 
 SCENA XVII
 
 FABBRICIO con seguito di romani e i suddetti
 
 FABBRICIO
 Si dee pena e non fede ai traditori. (Da sé)
 FABBRICIO
1570Nel da me condannato
 Volusio, o Pirro, il tuo giudicio assolvo.
 Nulla in ciò più mi resta
 di arbitrio. In lui ti aggrada
 far la pena eseguir? Giusto sarai.
1575Rivocarla? Pietoso.
 Tra giustizia e clemenza,
 segui quel calle, ove il gran cor ti chiama.
 Da lunge a me la fama
 ne perverrà.
 PIRRO
                          Che? Tu partir? Si rende
1580qui al tuo merto ogni onor.
 FABBRICIO
                                                   Roma mi attende.
 A lei tacerò Sestia;
 Volusio tacerò. Dirò che Pirro
 a difender si ostina
 Tarentini e Sanniti, ai prigionieri
1585nega il cambio e riscatto e che a lui piace
 ingiusta guerra più che onesta pace.
 PIRRO
 Oh! S’uom sì grande ognor potessi al fianco...
 FABBRICIO
 Qual io mi sia, tu non conosci appieno. (Prendendo in mano una carta)
 CINEA
 Che fia? Si [illeggibile] dal [illeggibile]
 FABBRICIO
                                                                         Non di nemici e non di amici
1590sei buon giudice, o re. T’inganni in tutti.
 Leggi e vedrai che a torto (La dà a Pirro)
 fai guerra ai buoni e nei malvagi hai fede.
 Né pensar già che amor di te mi spinga
 l’empie trame a svelarti. (Vien Turio col suo seguito)
1595Quel vero onor, che in nobil petto alligna,
 da me l’esigge. Onta farebbe a Roma,
 saper le insidie e te soffrirne oppresso;
 e crederia la la terra
 che, dando braccio a iniquità sì enormi,
1600ne mancasse valor per farti guerra.
 PIRRO
 O perfidia! O virtù! Vil Turio! Ingrato (Dopo aver letto)
 popolo!
 TURIO
                 Ah! Siam traditi. (Da sé)
 PIRRO
 Cinea, si vuol de la mia morte in prezzo
 l’amicizia di Roma. A me si appresta,
1605in mercé di perigli e di sudori,
 letal bevanda. Inorridisci; e leggi. (Dà la carta a Cinea)
 TURIO
 O Ciel! (Da sé)
 FABBRICIO
                  Fé non si serba ai traditori. (Verso Turio)
 PIRRO
 Se in mio favor fai tanto
 nemico ancor, che mai faresti amico?
 FABBRICIO
1610L’onesto oprar di chi ben opra è ’l fine.
 CINEA
 Mio re, sia tempo omai che generoso...
 PIRRO
 A me Sestia e Volusio. (Alle guardie)
 Sforzo, ah! quanto funesto al mio riposo!
 
 SCENA ULTIMA
 
 SESTIA, VOLUSIO, poi BIRCENNA e i suddetti
 
 SESTIA
 Teco morir vo’ anch’io. (A Volusio)
 VOLUSIO
1615Crudel che sei! Tal mi consoli?
 SESTIA
                                                          O dio!
 PIRRO
 Per resister a Roma
 e per vincerla ancor petto ho che basta
 e forze ancor. Sol tua virtù mi ha vinto.
 Riedi invitto al tuo Lazio.
1620Te seguano giulivi
 i romani cattivi; A a te li rendo;
 te Volusio già assolto, a te lo dono.
 E Sestia, a me ancor cara... Ah! Dir nol posso
 che non ne frema il core!,
1625col suo amante fedel segua il buon padre
 e obblii di Pirro l’infelice amore.
 VOLUSIO
 In un barbaro re spirti sì eccelsi!
 SESTIA
 Che gioia inaspettata!
 
 Vanne; e sii meno amante o sii più figlia.
 
    Che barbara sorte!
 Lo sposo va a morte;
 il padre il condanna,
 che sorte tiranna!
 E ancor mi si vieta
 lo sfogo il martir.
 
    Ch’io cessi, Vietarmi, puoi crudele,
 Puoi fiero ed [illeggibile]
 tu puoi dal lagnarmi
 Viietarmi  il lagnarmi
 ma tormi non puoi
 l’amar e ’l morir.
 
    Saprai vietarmi
 puoi, padre, il lagnarmi
 puoi pianti e querele
 Ah duol [illeggibile]
 puoi fiero ed austero
 vietarmi il lagnarmi.
 
 SCENA XIII
 
 FABBRICIO e poi VOLUSIO
 
 PIRRO
 Darei pace anche a Roma Se mia gloria il soffrisse,
1630darei pace anche a Roma;
 non già che più di costoro
 siami a cor la difesa; io gli abandono
 a la loro viltade e al lor rimorso;
 ma trar d’Italia il piede e da le tempia
1635strapparmi io stesso i già raccolti allori,
 parria viltà. Con Roma guerra con Roma io voglio Con Roma
 guerra fra l’arme guerra che accenda onor non odio o sdegno
 Il vostro o vincitore vedransi il Campidoglio
 o debellato tornerà. Guerra Parria viltà. Guerra con Roma io voglio;
 guerra d’onor, non d’odio; e un dì mi onori accolga
 o vincitore o anche vinto il Campidoglio.
 FABBRICIO
 Gran re, non dai trofei che ti dier l’armi
1640ma da quei che or ti dà l’anima eccelsa,
 Roma conoscerà che mai non ebbe
 più dubbio Marte a sostener. Volusio,
 Sestia, i cattivi, io più di tutti, al Tebro
 spargerem le tue lodi
1645e l’armi appresterem. Ma credi, o Pirro,
 che, assai più che da guerra e da vittoria,
 vien da pace a un buon re grandezza e gloria.
 BIRCENNA
 E nel comun contento io sola, o Pirro io sola
 rimarrò desolata?
 PIRRO
1650No, principessa. Attendi
 che meglio spente sien del primo incendio
 le ancor fervide fiamme vampe.
 Sol ne l’alme incostanti
 un amor l’altro incalza. Il mio vuol tempo.
 BIRCENNA
 L’abbia. Ne son contenta. Ma spera e chiede
 Poco? Ne son contenta
 Ma che si faccia [illeggibile] renda a me, lo spera e ’l chiede
 ben tosto il tuo dover e la mia fede
 Mi devi il tuo imeneo. Lo spera e ’l chiede
 ben tosto il tuo Ben to
1655L’abbia. Ne son contenta.
 Ma che ti ottenga il tuo cor, già spera e
 Ma che [illeggibile] ti renda mio, già spera e ’l chiede
 ben tosto il tuo dovere e la mia fede.
 Ma la mia fede e ’l tuo dover rammenta.
 CORO
 
    La gloria è un gran bene,
 la brama ogni cor.
 
 PIRRO
 
    Di lei si compiace
1660chi in campo guerriero...
 
 FABBRICIO
 
 Chi in grembo di pace...
 
 BIRCENNA
 
 Dal regno io la spero.
 
 SESTIA, VOLUSIO
 
 Io l’ho nel tuo amor.
 
 Fine del dramma
 
 LICENZA
 
 Regno, amor, guerra, pace e gli altri pregi,
1665per cui gloria si ottien, di più grand’alme
 son l’oggetto e ’l piacer. Qual va per uno
 titolo, qual per altro illustre e chiaro;
 ma tu sorgi per tutti,
 nome di eterna immortal fama, augusto Carlo;
1670e come un sol trofeo formano insieme,
 raccolte e sovraposte, armi e vessilli,
 così in sola tua gloria
 alzano eterno monumento i regni
 ereditati e i vinti
1675e del pubblico amor gli ossequi e i voti
 e i bellici trionfi e la costante
 pace che doni e che difendi. Accenno
 i tuoi vanti, o signor; ma di chi m’ode,
 meglio l’idea gl’intende
1680né lor fa torto la mia scarsa lode.
 Così in picciola tela,
 ove sia circoscritto il mondo intero,
 l’amplia mole di lui l’occhio non vede
 ma l’intelletto ne comprende il vero.
 
1685   Sudi l’arte; e qual formarti
 statua può? Qual arco alzarti,
 ove u’ l’ingegno e l’opra arrivi
 i tuoi vanti a pareggiar?
 
    Ma se impresso
1690resti quivi il nome augusto,
 degno nome ei sol sé stesso
 si dirà ch’ei sol sé stesso
 è bastante ad esso a celebrar.